Verseggiando ai piedi della Rocca

Verseggiando ai piedi della Rocca

ovvero de versi di Cino da Pistoia a Selvaggia Vergiolesi

Autore: Emanuele M. Landi

selvaggia e cino

Ci son poeti che frequentano la nostra essenza, sin dall’infanzia. Per me è stato Cino da Pistoia che ha preso vita nel verseggiar di mio padre nato in località Sambuca Pistoiese, luogo ameno e carico di storia, che domina l’Appennino al confine tra Toscana ed Emilia con la Pieve e la Rocca che fu di Selvaggia Vergiolesi a cui Cino dedicò versi che in pieno stilnovo raccontano della donna quale visione ed ideale. Il poeta amò davvero quella donna che descrive di folgorante bellezza, o fu solo l’ideale sublimato a cui i poeti s’ispirano?

Conosco assai bene i versi dedicati a Selvaggia, son si sublimi e al tempo stesso velati di malinconia, come sovente lo sono quelli che descrivono un amor tanto desiato e, alfin, da morte anzitempo rapito.
Selvaggia e il suo tragico destino sono ancora avvolti nella fitta nebbia della leggenda. Morì nella rocca di Sambuca Pistoiese nel 1313, rifugiatasi colà per fuggire alle violenze de Guelfi dopo l’assedio alla rocca di “Poggio di Marco”, in quel di Piteccio, ove risiedeva, data  alle fiamme e  abbandonata? In quel rogo si dice furon persi gran parte dei suoi averi e secondo la leggenda vi perirono una gran quantità di persone che furon chiuse nella rocca prima che vi s’appiccassero l’incendio. Ed è come si narra che Selvaggia, riuscì a fuggire e raggiunger il castello di Batoni nei pressi di Piteccio e poi la rocca di Sambuca attraversando un cunicolo sotterraneo?

Certo è che anche grazie ai versi di Cino che la sua vicenda è giunta sino a noi e poi tramandata nei secoli anche dal racconto orale e, come sempre succede, vieppiù arricchita da chi di volta in volta ne era il raccontatore, nel solco della più autentica tradizione di quelle contrade toscane.
Furono proprio quei versi e quei racconti, che da bambino ho ascoltato, da mio padre e da tant’ altri raccontatori davanti al fuoco nei lunghi inverni a farmi appassionare a quella storia e alle tante altre leggende ad essa congiunte. Ora amerei io stesso raccontar quelle storie e declamar quei versi. Col tempo ho iniziato ancor ‘io a cercar storie arricchendole come son soliti fare i raccontatori. E’ indubbio che vi sian luoghi ove racconti e storie paion richiamare a sé coloro che a quest’arte antica son votati. Assai spesso poi quei luoghi son fonte d’infinita ispirazione  e spronano a crear storie  attingendo ad infinite fonti, ricordi aviti o recenti ed alfine suffragate dalla fantasia che in quei territori trovan più che mai giusta collocazione. Così è avvenuto per la vicenda che ora vado a raccontare.

 

Versi dedicati da Cino a Selvaggia
CXX del Canzoniere Ciniano

Signor, e’ non passò mai peregrino
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.

CXII del Canzoniere ciniano

Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.

CXXIII del Canzoniere ciniano

Io fu’ ’n su l’alto e ’n sul beato monte,
ch’i’ adorai baciando ’l santo sasso;
e caddi ’n su quella petra, di lasso,
ove l’onesta pose la sua fronte,
e ch’ella chiuse d’ogni vertù il fonte
quel giorno che di morte acerbo passo
fece la donna de lo mio cor, lasso,
già piena tutta d’adornezze cònte.
Quivi chiamai a questa guisa Amore:
“Dolce mio iddio, fa che qui mi traggia
la morte a sé, ché qui giace ’l mio core”.
Ma poi che non m’intese ’l mio signore,
mi diparti’ pur chiamando Selvaggia;
l’alpe passai con voce di dolore.

XX delle Rime dubbie

Infra gli altri difetti del libello
che mostra Dante signor d’ogni rima,
son duo sì grandi, ch’a dritto si stima
che n’aggia l’alma sua luogo non bello.
L’un è che ragionando con Sordello
e con molt’altri della dotta lima,
non fe’ motto ad Onesto, di ben cima,
che’era presso ad Arnaldo Daniello
L’altr’è, secondo che ‘l suo canto dice
che passò poi nel bel coro divino,
là dove vide la sua Beatrice,
che quando ad Abraam guardò nel sino,
non riconobbe l’unica fenice
che con Sion congiunse l’Appennino

Continua…


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  1. Martina 75

    on 21 novembre 2010 at 09:51 -

    Non sono una gran navigatrice, devo ammetterlo, sopratutto da quando mi sono laureata, non pratico più con assiduità questo”sport”. Ma il vostro blog mi ha veramente preso e continuo a frequentarlo con regolarità, oltre la gran quantità di post, racconti e scritture sceniche, che ancora non ho letto interamente, continua ad aggiornarsi.
    Mi prende moltissimo il…continua di certi post per sapere come andrà a finire. Questo su Cino da Pistoia e Selvaggia Vergiolesi, mi intriga parecchio, forse sarà per la mia laurea in lettere o forse perchè è raccontato in modo così “vero”. Mi piacerebbe davvero poter collaborare con voi, contattatemi vi prego. Martina 75