Questa sera vorrei presentarvi…

Questa sera vorrei presentarvi…

o di un cortometraggio a vocazione civile

Autrice: Maria Visconti

donna che si copre il voltoIn occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, istituita per la prima volta dall’ONU il 25 novembre 1999, noi attori ed artisti di TeatrocondivisO abbiamo voluto offrire il nostro contributo alla causa realizzando un cortometraggio dal titolo: “Dopo la distruzione”, con la regia di Emanuele Maria Landi, il supporto tecnico di Demetrio Poli e Alessandro Garzaro e l’interpretazione di Gemma Ruzza.
Il testo, scritto da Emanuele Maria Landi nel 1977, nasce come pièce teatrale che riassume in sé tutti gli stimoli culturali dell’epoca, tra cui anche il nascente movimento femminista. Ma perché riproporre l’argomento ora?
Perché crediamo che, oggi più che mai, sia necessario prendere posizione sul tema per fare scelte epocali, soprattutto in prima persona. Gandhi disse: “Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo” e la sua non è una frase né scontata né fuori moda, oggi.
Perché in Italia ogni 2 giorni e mezzo viene uccisa una donna e si stima che oltre 6 milioni di donne siano vittime di abusi fisici o sessuali. Perché questo fenomeno comporta anche gravi costi a livello economico e sociale: costi sanitari, di supporto psicologico, costi per le forze dell’ordine, per i processi giudiziari, e le perdite per la conseguente mancata produttività sul lavoro delle donne vittime di violenze, costi che in tutto ammontano a circa 17 milioni di euro. Mentre i costi umani e morali per le vittime restano non quantificabili e devastanti.
Perché a livello normativo, con il decreto approvato da poco in Parlamento sul femminicidio, abbiamo intrapreso la strada giusta, ma è necessario fare molto di più. Abbiamo la responsabilità non solo di fare le norme, ma di applicarne la sostanza, che è l’effettiva parità tra uomo e donna. Un Paese civile deve investire sulla prevenzione, sull’educazione anche all’affettività, sulla cultura del rispetto.
La soluzione quindi passa attraverso un cambiamento di mentalità. Da parte degli uomini, certo: affinché cambino atteggiamento. Ma anche da parte delle donne: che denuncino, che non accettino di non essere rispettate, che non accettino nessun tipo di dipendenza da altri, che non accettino quei modelli imposti dall’esterno, restrittivi o permissivi rispetto a pseudovalori considerati dominanti: modelli di comportamento, di abbigliamento perfino. E questo è disciplinamento, è microfisica del potere, come direbbe Foucault. Non è libertà.
Per questi motivi, la violenza sulle donne, fisica o psicologica che sia, non è un fatto privato: riguarda tutti. Riguarda il futuro della nostra società.
E il cortometraggio parla proprio del nostro possibile futuro – certo non auspicabile ma, ahinoi, probabile – ambientato appunto “dopo la distruzione” che sulla Terra non ha lasciato in vita che una donna, forse come unica sopravvissuta, in dialogo con la figlia – figlia forse esistente, o forse immaginaria.
Ma è comunque importante la scelta di questo elemento, il dialogo. Perché la relazione viene prima dell’individuo, viene prima dell’egoismo – si pensi alla nascita, per esempio: il due viene prima dell’uno. Non esiste un “io” senza un “tu”. Anzi l’identità si forma proprio grazie al dialogo e vive nel dialogo, nell’ascolto, nell’apprendimento, e nel rispetto reciproco. Mentre chi vuole diventare “padrone dell’altro” arriva inevitabilmente alla “negazione” dell’altro, che non esiste più in quanto persona, ai suoi occhi. L’esercizio del potere su ogni essere considerato più debole diventa un modello di comportamento. E noi invece vogliamo dire basta ad ogni forma di violenza e sopruso.
Perché, come Kant insegna, una persona è un fine in sé, e come tale va trattata: mai sfruttata come mezzo utilitaristico, mai trattata come oggetto. Una persona è un fine in sé.


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