Asoka

AsokaAsoka

racconto dialogante ad uso di lettura e/o di rappresentazione

Autore: Emanuele Landi

Solo davanti al gran re capì il suo peccato, non alzò lo sguardo fin quando Asoka non scese gli scalini al cui sommità era situato il trono, l’imperatore, prese tra le mani, il viso del dignitario, e ne fissò lo sguardo, fu allora che Jawaral abbandonò i suoi occhi al pianto e ben presto il suo volto fu completamente bagnato e con esso le mani dell’Imperatore.
Il dignitario cadde a terra non appena Asoka lasciò la presa, non c’erano più forze in quelle membra, ormai era un nulla schiacciato dal dolore e dalla colpa che avvertiva in tutta la sua gravità, davanti al grande re, colui che aveva promulgato la legge del Buddha in tutto il suo vasto regno.

Primo attore: «Vuoi forse sostenere che l’ideale anche ai nostri giorni sia un monarca illuminato capace da solo di dare impulso alla società, evitando tensioni e conflitti,tanto da rendere corpore vivi un’enunciazione di carattere spirituale? Non vedo proprio come questo, sia possibile oggigiorno».


Secondo attore: «Non dico affatto questo. Sono certo invece che l’esempio deve muovere i nostri atti, bada bene non parlo dell’operato di politici o governanti, la cui azione è attualmente totalmente fuorviata da interessi economici. Mi riferisco, semmai al governo che noi stessi operiamo nel quotidiano, ciò che riguarda la nostra stessa presenza in questa realtà. Ogni singola persona, a ben riflettere, all’interno del proprio microcosmo agisce come un governante. Ispirarsi a fulgidi esempi può anche se lentamente avvicinarci alla consapevolezza e concorrere alla costruzione di una società più giusta. E’ sicuramente più facile, credimi, agire in coscienza tra le mura domestiche che non nei palazzi del potere».

Il gran re, sedette allora ai piedi del trono, proprio di fronte a Jawaral. Fece cenno a dignitari e cortigiani di allontanarsi così da rimanere solo con il suo convenuto.
L’ immensa stanza del trono rimase silenziosa, avvolta nella penombra del pomeriggio, pareva che in tutta Pataliputra regnasse il silenzio, solo il verso acuto degli uccelli il cui volo radente lambiva le guglie del palazzo rompeva la quiete.
L’uomo prostrato innanzi al re tentava di resistere ai fremiti incessanti di tutto il corpo, sentiva la presenza del suo imperatore, ne avvertiva il respiro, ma anche l’attesa, seppur priva di ansia. Forte era l’impulso di alzare il capo, ma temeva di non reggere lo sguardo del santo re. Passarono pochi interminabili minuti, poi un intenso profumo di loto inondò la grande sala, il respiro di Jawaral entro in armonia con quel profumo e fu allora che alzò il capo e il suo sguardo incontrò gli occhi sereni di Asoka.

Jawaral: «O mio re nella lontana provincia dove tu mi hai mandato le tue parole sono giunte come un eco lontana, una stravaganza della corte, ed io sono stato il primo a pensare ciò, ho continuato da agire come da millenni i miei avi erano soliti fare, con la spietatezza necessaria a dare un esempio. La corte è lontana, pensavo, cosa ne sanno di cosa è necessario in questa provincia. Ma tu grande re sapevi, ed ora prostrato davanti alla tua compassione capisco che ho tradito il mio re e la sua legge».

Il grande re guardandolo benevolmente disse:
«Jawaral o Jawaral, quanto dolore hai sopportato, quanto orrore le tue mani hanno provocato, quanta morte hanno visto i tuoi occhi. Eri certo che venendo a corte il tuo re avrebbe ordinato di giustiziarti, ma credi forse che la giustizia si compia con l’uccidere una creatura, eri convito che avendo ucciso saresti stato ucciso. Quale fardello porti sulle spalle mio caro amico».

Primo attore: «Credimi è difficile pensare che millenni orsono un monarca assoluto regnante su di un così vasto regno, abbia potuto fare propria una filosofia come quella buddhista che per sua stessa natura è la negazione del potere».

Secondo attore: «Vi sono molti esempi nella storia che ci fanno capire come da luoghi o situazioni inusuali ci possa giungere un messaggio talmente forte da costituire al tempo stesso un esempio e un arcano. Asoka compie un miracolo, ma lo fa da governate, se da un lato la sua grandezza sta nel fatto che è impensabile che un monarca tanto potente possa cogliere appieno un messaggio egualitario quale è quello del Buddha, tanto da volerlo come base dell’ordinamento del proprio impero, dall’altro vi si riscontra un limite, essendo un monarca pressoché assoluto ogni sua legge promulgata finirà per cadere sempre dall’alto. Tanto che governatori avvezzi a ben altre leggi avranno difficoltà a cogliere l’essenza del Dharma».

Primo attore: «Perché allora, al momento della rivelazione non abbandona il trono, per entrare nella vita monastica? Mi pare di cogliere questa contraddizione dopo il suo incontro con il saggio».

Secondo attore: «Come monaco non avrebbe inciso granché e non possiamo dimenticare che se anche portatore di una nuova legge agisce all’interno della società Vedica egli è uno Kshatriya, solo rimanendo nelle sue funzioni e nella sua casta può sperare di incidere, operando al fine di rendere efficace la promulgazione della legge. Non va dimenticato che lo stesso riconoscimento dell’ordine monastico, quale guida spirituale, sostituendo di fatto la casta Braminica, rappresenta un sovvertimento dell’ordine gerarchico millenario all’interno dei quattro sensi dell’ordinamento Vedico. I monaci non appartengono a caste elevate, il buddismo si afferma proprio attraverso il disconoscimento del sistema castale. Egli però mantenendosi al vertice dell’ordinamento incarna, di fatto, il baluardo dell’autorevolezza, rimane imperatore, agisce ben saldo all’interno di quel sistema e proprio in virtù di questo sa che la legge del Risvegliato pur nella sua forza rivoluzionaria sarà accettata».

Asoka stette a lungo in silenzio poi rivolgendosi di nuovo a Jawaral:
«Mio caro amico il tuo re ha promulgato la legge di Baghavat affinché la sua pace sia conosciuta e condivisa da tutti per dare a tutti gli esseri viventi la possibilità di comprenderne l’essenza, consegnando a ciascuno la chiave della propria “liberazione”. Forse ad un re non è consentito amare talmente i propri sudditi tanto da condividere con loro la via della Liberazione?
Ora hai visto il tuo re e sarai tu l’artefice del suo volere nella provincia che amministri, porterai la Legge santa tra i tuoi amministrati; dimentica il dolore e la collera.
Prima di tornare alla tua casa ascolterai gli insegnamenti di un santo monaco, per nutrire la tua coscienza e alleviare la tua sete di conoscenza affinché tu possa elargirla a tua volta nel nome del Buddha e del tuo re».

Jawaral era fermo con gli occhi chiusi, mentre le parole di Asoka cullavano tutto il suo essere. Avvertiva ora una sorta di benessere, lentamente la paura si allontanava, aveva ora la certezza che il volere del re era parte del suo spirito. Sarebbe tornato nella sua provincia e avrebbe amministrato la legge con giustizia secondo gli insegnamenti di Baghavat nel nome dell’imperatore.
Riaprì gli occhi lentamente, davanti non c’era più Asoka, ma un monaco dall’età indefinibile il cui sguardo fermo spaziava nell’infinito, senza muoversi prese a parlare con infinita pacatezza.

Un monaco: «Gli esseri viventi hanno diverse cognizioni del Sé è necessario perciò che ciascuno sviluppi la propria coscienza secondo le specifiche attitudini. Per questo il Signore Buddha ci ha insegnato a sviluppare la Compassione, per sentire le sofferenze di ogni forma vivente e condividerle, non per rassegnarci ad esse, ma bensì per raggiungere la realizzazione coscienti che è possibile uscire dalla ruota del Samsara soltanto non essendo minimamente responsabile delle sofferenze di e verso qualsivoglia essere vivente».

Primo attore: «Di fatto Asoka rompe l’equilibrio che per millenni ha retto la società vedica. Mi chiedo se sia stato questo che ha fatto sì, che solo un anno dopo la sua morte, il Buddismo sia di fatto scomparso in India? Continuo a credere che oggi una tale esperienza sia impossibile».

Secondo attore: «Asoka ragiona da imperatore e non dimenticare che prima di incontrare il santo monaco sulla sua strada, di ritorno da una missione militare, non era stato mai né benevolo né tanto meno compassionevole. L’incontro con Baghavat apre in lui una profonda ferita, sente di dover espiare, ha perciò il fortissimo impulso a divulgare questa nuova dottrina salvifica, come ogni convertito però, all’interno d’ogni cultura o religione eccede ed portato ad esagerare, proprio la scelta di rimanere ed agire all’interno del suo rango regale e castale ne amplifica la portata. Anche se più interessato all’aspetto sociale, nei suoi editti e nelle steli da lui volute ai confini dell’impero non si menziona il Nirvana, ma è sintomatico che in un suo editto asserisca di ritenere tutti gli esseri viventi suoi figli e che per loro voglia la salute terrena e ultraterrena. Per diffondere il messaggio compie innumerevoli viaggi e pellegrinaggi rendendo di fatto omaggio a Bramini vedici, Jaina e asceti di ogni credo corrente o scuola spirituale, pone a base del suo impegno l’assoluta tolleranza supportata dalla compassione, rinuncia ai piaceri regali, quali la caccia, adotta e divulga il vegetarianesimo, disincentivando i sacrifici animali e la macellazione.
La tolleranza religiosa è alla base del suo operato, tanto che l’essenza del buddismo si sparge in tutta l’India penetrando nelle pieghe più recondite della società contribuendo all’universalizzazione spirituale della cultura indiana quale noi la conosciamo. Persino l’Induismo come lo conosciamo nei secoli successivi è debitore ad Asoka».

Jawaral, ripartì per la sua provincia, durante il viaggio non un pensiero turbò la sua mente. Sarebbe stato un amministratore esemplare e anni dopo alla caduta dell’Impero Maurya sarebbe diventato un monaco assorto nel Dharma.

Primo attore: «Tu dici che l’esperienza di Asoka può far comprendere ad ognuno il giusto modo di comportarsi, ma dici anche che non è più possibile che governanti e politici possano oggi fare questa scelta.Sta di fatto che con l’imperatore ancora in vita cominciò il declino e perfino il sistema burocratico, vanto di quell’esperienza imperiale, cadde in rovina, anche a causa d’alcuni amministratori locali che ricaddero vittime della loro bramosia di potere, tornando dispotici, incoraggiati in questo dai Bramini da tempo esautorati dal loro potere spirituale e temporale. Se nemmeno un imperatore è riuscito a mantenere quel sistema egualitario, come lo potrebbero dei singoli oggi, anche se animati da quel fervido esempio?»

Secondo attore: «Era forse inevitabile che, come tutto, finisse anche quell’esperienza, da un lato perché imposta dall’alto, dall’altra perché recepita nella sua compiutezza solo da persone animate dallo stesso fervore di Asoka. Non possiamo dimenticare che per realizzare il suo progetto il grande re di fatto rompe l’equilibrio millenario e consegna al singolo, quale che sia la sua condizione, razza o casta la scelta del suo destino. Il ritorno al sistema castale, in realtà consegna all’umanità il Dharma, che, come il polline a primavera, verrà dal vento portato ovunque.
Asoka è l’apoteosi e la fine, ci fa capire che il potere è estraneo alla compassione, ma quella stagione consegna al re tutta intera la sua dimensione umana, se non fosse stato uno Kshatriya non avrebbe potuto svolgere quel compito che il destino gli aveva affidato. Divulgare, affermare e consegnare a tutti gli esseri, la Compassione.
Oggi è impossibile una tale esperienza e testimonianza. I governanti sono ormai talmente degradati dal Potere e dal suo esercizio che neanche possono concepire principi egualitari. Solo pochi singoli, nel silenzio del proprio cuore, attraverso l’esercizio quotidiano della compassione, possono essere esempio e testimonianza, non per riprodurre un governo basato sulla legge del Dharma, che ne snaturerebbe il messaggio, ma per conservare questo tesoro, lontano da ogni forma di potere, che è la morte senza speranza, senza Nirvana, contagiante come la peste. »

Asoka appena Jawaral ebbe lasciato il palazzo, si sedette ai piedi del trono nella perfetta posizione del loto, fece un profondo respiro, il suo sguardo incontrò il cielo che volge al tramonto, chiuse gli occhi e vide chiaro l’avvenire. Vide la legge del Dharma abbandonata e taluni suoi amministratori corrompersi riprendere l’antica spietata legge. Vide se stesso tradito, ignorato poi esautorato e vide il suo impero sgretolarsi.
Vide anche la legge del Buddha diffondersi proprio a causa di quel declino in ogni direzione portata da Vayu, signore del vento e vide tanti Maestri diffondere e testimoniare. Vide il sacrificio di tanti e la repressione, a volte, ma ebbe visione della sua inarrestabile avanzata. Poi vide Jawaral lasciare l’amministrazione dello stato e indossata la veste arancione portare, errando il messaggio. Sorrise ancora con gli occhi chiusi poi li riaprì, fissò il sole ormai calante all’orizzonte, avvertì un’immensa felicità per il dono concessogli. Aveva visto, sapeva.

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Glossario:
Kshatriya (governanti, principi e guerrieri nella seconda casta vedica)
Asoka (III sec. a.C., sovrano indiano della dinastia Maurya, Introdusse il Buddismo nel suo regno)
Baghavat (Identifica il Buddha)
Dharma (la via spirituale indicata dal Buddha, che conduce alla liberazione)
Nirvana (il luogo non luogo dove si giunge in seguito al raggiungimento dell’illuminazione
Samsara (indica il ciclo delle reincarnazioni dell’essere vivente, secondo il Buddismo)
Bramini (la prima casta dell’ordinamento Vedico. Identifica i sacerdoti)
Jaina (spiritualisti della religione Jainista, seguaci del Jina, il vittorioso )
Vayu (nell’Induismo il Deva del vento e dell’aria)
Deva (divinità sia nell’Induismo che nel Buddismo)