Clara

Clara

Autore: Emanuele Landi

Mattia:
Mi colpì per la sua immobilità, come riesce, in mezzo a questa confusione, pensai.
Mi colpirono i suoi tratti delicati, ma lo sguardo, quello, era fisso verso il nulla come di chi è impietrito dalla paura. Nel bel mezzo del concentramento in attesa della partenza della manifestazione, con la polizia schierata e pronta allo scontro l’atmosfera era frenetica. Gli slogan, il vociare, bandiere e striscioni. Non riuscivo a staccare gli occhi da quella ragazza tenacemente estraniata e immobile.
E’ ancora lì pensai, tornando a lei con lo sguardo, non potei non notare la sua avvenenza, ma proprio in quel momento incollato a quell’immagine rimasi isolato dalla confusione d’attorno.
C’eravamo solo lei ed io immobili, avvertii dapprima il mio respiro espandere a dismisura il torace e vidi il suo altrettanto. Vedevo tutte le cose avvolte da una fitta nebbia e tutto mi giungeva lontano e ovattato, solo lei che il mio sguardo fissava era chiara e nitida.

Beatrice:
Gli spari si susseguono rapidissimi, la milizia carica ad ondate, non risparmia nessuno, sono a centinaia i corpi a terra, sventrati o agonizzanti, tutti corrono, manifestanti e miliziani. Gli ordini urlati si confondono con le urla straziate, gli spari danno continui sussulti al cuore, l’odore della polvere da sparo e dei lacrimogeni tolgono il respiro, ormai la milizia dilaga tra le fila del nostro concentramento.
Le donne corrono verso un’incerta salvezza. Sappiamo di essere una preda ambita per la vendetta sadica dei miliziani
Sento che Manuel mi chiama, sento la sua voce rimbombarmi nelle orecchie. «Clara, Clara, Clara, muoviti. Ti prenderanno».
Non riesco a scuotermi, sono inchiodata ad una colonna, forse la paura.
Fisso il palazzo di fronte, su di un terrazzo sei uomini ben vestiti osservavano la situazione, due di loro hanno un cannocchiale. Non riesco a cambiare posizione, un gruppo di agenti corre verso di me, sento continuamente la voce di Manuel. Ora mi sono addosso, avverto uno strattone, un viso sudato e occhi vitrei, vicinissimi, poi un forte dolore alla testa.
Mi hanno portata via di peso. La caserma della Milizia è fatiscente i fermati sono ammassati in stanze vuote e sporche, anche i feriti sono tanti alcuni molti gravi, tutti abbandonati a terra. Ordini perentori, urla e lamenti si mischiano.
Due ragazzi in divisa mi prelevano a forza, avranno poco più di vent’anni, non faccio resistenza, attraversiamo lunghi corridoi, ed entriamo in una stanza. Ci sono tre persone in piedi e mi guardano, una sedia è sistemata al centro, c’è un odore di sudore, sangue e urina che toglie il fiato, mi buttano a sedere e mi legano alla sedia dopo avermi strappato i vestiti. Uno dei tre uomini, si avvicina al mio viso è ben vestito, molto curato, mi appoggia pesantemente le palme aperte sulle cosce, è talmente vicino che ne percepisco il forte odore di sudore e sigaro.
«Sei tu la puttana che vuole tenerci testa».
Mi urla in faccia
«Quella che organizza i contadini contro di noi. Chi cazzo sei tu lurida puttana per sfidarci, adesso te ne pentirai».
Scoppia in una risata isterica, serra con una mano il mio mento lo stringe con forza e mi sputa in pieno viso.
In quel preciso istante, mi sento come uscire dal corpo, mi sento come fuori dalla realtà, estranea, tutto mi giunge ovattato, le voci e il dolore è come un lontano fastidio, ma comprendo bene quello che mi stanno facendo. Sono in balia di quegli uomini, il dolore deve essere fortissimo, ma mi giunge molto attutito. Mille immagini affollano la mia mente, sono così veloci che non mi riesce fermarle.
Mi violentano a turno, più e più volte infieriscono sul mio corpo, mi applicano elettrodi.
Mi infliggono ogni sorta di sevizia. Completamente nuda, sono portata in una piccola stanza buia, il mio corpo è un sacco di carne sanguinante. Ho perso i sensi.

Mattia:
Improvvisamente ebbi un sussulto, tutti i miei sensi tornarono vigili e presenti, fui riportato alla realtà da un proclama urlato al megafono:
«Compagni! Abbiamo raggiunto un accordo con la prefettura per fare un corteo lungo Ugo Bassi, Indipendenza e Irnerio. Questo è il frutto di una mediazione di grande valore politico. Siamo riusciti ad ottenere quello che stamattina sembrava impossibile.
Ci riprendiamo la città. Compagni! Tra qualche minuto partiamo. La mobilitazione non è finita».

Vidi chiaramente quella ragazza inarcare il petto, fare un profondo respiro, tornare cosciente e vigile, distaccare la schiena dalla colonna proprio nel momento dell’annuncio
La vidi incamminarsi con gli altri. Giunti di fronte a Piazza Nettuno, chiusa e blindata, alzai la testa e lei uguale, c’erano sei persone ben vestite, sistemate su una grande terrazza formata da impalcature e gru a difesa della piazza. Due di questi avevano a tracolla un cannocchiale.
Mi girai, ma non la vidi più, guardai intorno frenetico, non c’era più, rimasi fermo al centro del corteo, mentre i manifestanti mi passavano affianco evitandomi, rimasi così finché tutto il corteo mi passò avanti.
Due anni dopo la rividi . Aspettava un imbarco all’Aeroporto.

Tratto dallo spettacolo teatrale “Un turbinoso tour in torpedone”