Dopo la distruzione

Dopo la distruzione

Autore: Emanuele Landi

Monologo scritto nell’ottobre del 1977 per lo spettacolo “Ipotesi Teatrale”.
Portato in scena dal gruppo “Mantra Suonomovimento.”

donna

Guarda il sole sta nascendo, aspetta.
E ti riscalderà,
che posso dirti, se non che sei nata,
che ti ho allattata,
allevata
con tanto amore
io, solo io,
tuo padre
un maschio
non so più dov’è.
Io plagiata
male educata
solo per lui dovevo essere bella
e una notte
che credevo atto d’amore,
possessione e basta!
Guarda l’attorno lo vedi,
morte e distruzione
e mosche all’odore del sangue
e tutto saltato, scoppiato,
finito.
Dove sono gli alabardieri
i fanti e i lancieri,
dove presidenti,
avvocati,
dottori, uomini d’arme,
sindacalisti, politici e industriali,
galoppini e operai
e dove vescovi, cardinali e papi,
maschi anche loro
a imporre
il ruolo assurdo
di madre e sposa
felice e remissiva?
Dove imperatori,
principi, boia
e gran ciambellani,
dove poeti letterati,
mercenari,
mercanti d’armi,
giornalisti,
studenti,
attori,
rivoluzionari,
profeti,
e dove gli uomini tutti?
Sono fuggiti
appena la terra
ha vomitato fiumi di fuoco
e il mare ormai ribolliva
fuggiti prima di vedere la fine,
fuggiti o morti.
Guarda,
lento
il sole sorge
la luce rischiara
a poco a poco
le cose
e appare
la distruzione
totale,
ciò che rimane, di urla
slogan
e colpi
colpi su noi.
Noi merce di scambio
sollazzo di eserciti invasori,
in gabbia
e sempre,
tra il fango
o in castelli dorati
e noi
ancora noi
a pagare l’odio
la paura
le guerre e le voglie
no,
figlia,
no..
E ora, che posso dirti?
Cresci, cresci
cresci e lotta,
vivi se puoi lottare
lotta se puoi vivere,
ora e sempre
contro il potere,
perché il potere è maschio,
maschio è potere
e ogni potere è violenza.
Sii buona e fai del bene,
ma distruggi
annienta se necessario
chi,
e coloro
che ti dicono fai,
chiunque ti parli,
di stato
di chiese
e volere di altri su te.
Attendi questo sole
e altri ancora,
se continuerà a sorgere
all’orizzonte di queste macerie,
che nascondono
forse mondi intatti
e genti.
Cosa celi questo fumo acre,
non so dirtelo
e i fuochi lontani
che di notte si scorgono
quale presagio
portino in essi
non ho idea,
ma il freddo pungente della notte
aumenta, come brividi di paura
al pensiero dell’ignoto
alla vista di quei chiarori.
Lascio le tue mani,
gli occhi,
il suolo
e sola,
figlia mia
mia e solo mia;
tua e basta.