Figli o sottoprodotti

Figli o sottoprodotti

Monologo, dove il futuro muore, ancor prima d’essere presente.

Autore: Emanuele Landi

Il loro vagare in strade oscure e barcollanti, poi gettarsi a terra nel migliore dei casi su cartoni guardarsi senza vedersi, alcuni appollaiati su spazzatura ormai sedimentata nel terreno umido, terra rifiuti ed escrementi ormai diventati selciato, e quel continuo aspirare da bottiglie o vasi, dove collanti mandano le loro menti in un illusorio e devastante limbo, così i sensi si annebbiano, la fame non morde e i neuroni muoiono.
Strade di morte e dolore, grandi anime imprigionate in corpi di bambini, inconsapevole umanità senza umanità, sottoprodotti di società involute, capaci solo di emarginare, dividere, arroccarsi.
Spesso la polizia ghermisce quei piccoli corpi, hanno violato la legge, non si può vivere in strada né aspirare colla, poco importa se non hanno famiglia, se sono fuggiti alle violenze di padri e madri ignobili, violenti quanto disperati, chi viola la legge deve andare in galera.
Galere come discariche, senza letti, né gabinetto, né pareti, né pavimento, dove parvenze di tetto si squarciano verso un cielo grigio e polveroso, senza speranza.
Strade popolate da inumanità, non esseri, non riconosciuti e perciò merce anch’essa a disposizione del mercato globale.
Inferno, senza speranza per bambini e bambine che non sanno di esserlo o l’hanno dimenticato, paradisi per acquirenti globalizzati, firmati, imbolsiti e pervertiti, pochi spiccioli basteranno per penetrare quei piccoli corpi, penetrarli senza remore, senza rimorsi, senza rifiuti o proteste, senza dover rendere conto a nessuno, fino alla morte, corpi penetrati fino al cervello annebbiato dai collanti, senza il timore della legge o della polizia che fa altrettanto, o che distoglie lo sguardo, fanno comodo alcuni biglietti verdi è così magro il salario, poi quei piccoli delinquenti non sono nessuno, sono solo sottoprodotti.
Non fa differenza il sesso o cosa accadrà dopo, al prossimo viaggio ce ne saranno altri a disposizione, prodotti esposti al mercato globale del desiderio, condannato, esecrato da ogni dove, ma senza rimedi e in continuo aumento.
Periferie, strade secondarie d’immensi e avveniristici centri, brulicanti affari all’apparenza puliti e leciti, belle facciate, belle persone, poi i turisti che verso il tramonto guaderanno il Lete per raggiungere la città dei morti viventi.
Sesso e avventura nel supermercato dei vuoti a perdere dove bambine, bambini, adolescenti, giovani donne e il loro bisogno di colla o un piatto di riso o di putridi avanzi apre il mercato.
Ed è disperazione globale a nord come a sud ad est come ad ovest.

Tratto dallo spettacolo teatrale “Quattrocentoventisettemila Affabulazioni”

Consiglio: dopo la lettura ascoltare il brano di Franco Battiato “Energia”