Ornella

Ornella

Autore: Emanuele Landimodigliani

Non poteva proprio vederle quelle ragazzine, sue quasi coetanee vestite di tutto punto da piccole italiane, si sentiva male al solo pensiero di doverla indossare, quella divisa ne si preoccupava che prima o dopo, arrivata all’età giusta avrebbe dovuto metterla anche lei e così conciata andare alle adunate e cosa che odiava, fare ginnastica collettiva.
«Ornellina» così la chiamava la maestra Forni, per via della sua costituzione minuta
«Ornellina bisogna che ti procuri la divisa da piccola italiana, avresti dovuto farlo già, tra poco ci sarà la tua prima adunata, tu che sei sempre così diligente ed ubbidiente, non deludermi ora »
Ornella rimase un attimo in silenzio, con la testa bassa, la sua maestra, aveva in lei una grande fiducia, perché la ragazzina era davvero brava e diligente ed anche molto ubbidiente. La verità era che non aveva detto a casa che era necessario procurarsi la divisa.
Si fece forza e disse la prima cosa che le venne in mente:
«Signora maestra, la divisa non c’è l’ho, perché mio padre non vuole che la metta». lo disse tutto d’un fiato e poi, cosa che non aveva mai fatto, fisso la maestra con uno sguardo quasi di sfida, lei che era stata sempre così timida. La maestra s’irrigidì, la sua allieva preferita, diceva una cosa del genere e poi con un tale piglio.
Va detto che la maestra Forni, che era un donnone che incuteva soggezione, appariva una fervente fascista, certo è che nessuno avrebbe potuto dire se quel suo fervore fosse tale per convinzione o perché in quanto insegnante era in un certo qual modo obbligata, era sìi risoluta nell’adempiere i doveri che ad un insegnante il partito fascista imponeva, ma a ben guardare non aveva il rigore ferreo e anonimo di chi è assolutamente ligio e totalmente convinto.
Era pur sempre la maestra e aveva il dovere del rigore e della severità.
«Domani Ornellina, verrai accompagnata da tuo padre e staremo a vedere»
Tornando a casa da scuola, che era in località Corticella, non pensò a nulla, solo a pochi passi dal negozio di frutta e verdura dei suoi in zona Casaralta, si sentì venir meno.
Il padre Riccardo era un uomo buono, ma severo e per certi versi duro, un socialista mangiapreti, imponente ed enorme, quasi un metro e novanta per più di cento chili, che non aveva paura di nessuno, diceva apertamente quello che pensava e chiamava anche in pubblico Mussolini, quella gran testa di ghisa, la moglie era donna molto devota, alta e minutissima come la figlia, ma al pari di lui assolutamente contraria al fascismo, però attenta alle parole, mai offensiva, e guardinga per non suscitare malumori.
La ragazzina aveva detto quelle cose alla maestra perché sentendo ogni giorno il pensiero del padre pensava proprio che lui l’avrebbe sostenuta.
Appena entrata nel retrobottega che fungeva da casa, disse tutto al padre.
L’uomo rimase impietrito:
«Ma cosa ti è venuto in mente, la cosa è grave»
La ragazzina con un filo di voce:
«Ma babbo, voi avete sempre detto…»
«Cosa centra io sono grande; i bambini non devono dire tutto quello che dicono i grandi, capisci che adesso mi hai messo in un bel guaio»
Un’infinità di pensieri passarono nella mente della ragazzina, suo padre diceva che era un bel guaio, non aveva paura di nulla ed ora per una cosa così piccola…
Lo vedeva per la prima volta impaurito, o almeno a lei sembrava che lo fosse.
Riccardo si avvide dello sguardo di delusione, lo distolse e lo rivolse verso Margherita, la moglie, che per tutto il tempo era stata seduta ad osservare.
«Riccardo, stai calmo, la bambina ha sentito quello che dici sempre e ha agito di conseguenza, poi non posso dare torto ad Ornella, quella divisa è proprio brutta»
Ciò detto tacque. Riccardo allora rivolse di nuovo lo sguardo verso la figlia e stavolta era più benevolo, poi disse che l’indomani sarebbe andato con lei a scuola e si sarebbe trovata una soluzione. La maestra fu rigorosa e severa nel riferire all’uomo le parole della figlia e il piglio si fece ancora più duro quando chiese conto al padre delle sue parole, Riccardo che per tutto il tragitto non aveva affatto pensato a cosa dire all’insegnante, in un primo tempo disse che lui non aveva proprio detto nulla di quel genere alla figlia, poi vedendo la maestra lanciare un’occhiata durissima alla ragazzina, capì che doveva al più presto trovare il modo di uscire da quella situazione, furono attimi interminabili, poi quasi senza pensare disse:
«Dovete sapere signora maestra che mia figlia, come avrà avuto modo di capire è assai timida e vista la sua gracilità, il medico ci ha detto che è assai difficile che regga gli esercizi ginnici che fate durante le adunate, così in attesa di terminare la visita per avere l’esenzione alla ginnastica, forse vergognandosi un po’, ha inventato questa cosa. La deve scusare, poi è ormai questione di poco per l’esenzione»
La maestra a quel punto rivolse di nuovo lo sguardo verso la bambina, e con la mano fece il classico gesto dello sgridare
«Ornellina, non devi vergognarti, se non puoi fare la ginnastica, sei tanto brava a scuola, ma promettimi di non dire più bugie»
Detto questo il padre si congedò, giunti che furono in strada, lui la rimproverò con lo sguardo «Adesso dobbiamo farla davvero l’esenzione». Ornella ne fu contenta, poi il padre la guardò, ma tradì un sorriso, bastò per far capire alla bambina che suo padre era orgoglioso di lei.
La settimana successiva arrivò l’esenzione, non seppe mai come fece il padre ad ottenerla.
Gli anni passarono e Riccardo continuò imperterrito ad esprimere apertamente le sue idee e nessuno osò mai fargli nulla, poi però si ammalò gravemente d’ipertensione. Quando fu necessario sfollare andarono presso alcuni conoscenti a Luminasio, un paesino sopra Marzabotto. All’indomani dell’eccidio, l’uomo morì e lì fu sepolto.
Cessato il pericolo, Ornella e la madre tornarono in città.
Finalmente arrivò il 21 aprile e quando vide le truppe di liberazione entrare in Bologna, Ornella pensò a suo padre, più chiaro di tutti i ricordi di lui, era rimasto indelebile quel giorno a scuola, si immaginò di vederlo su di un carro con i partigiani, lui alto e massiccio
perché era convinta che se la malattia non se lo fosse portato via, sarebbe sicuramente andato a combattere i fascisti e i nazisti in montagna.
Ornella era ora una bella donna di 29 anni pronta per affrontare il futuro.

dallo spettacolo “21 aprile 1945 a Bologna sboccia il fiore della libertà”