Un turbinoso tour…

Un turbinoso tour in torpedone

Storia di un evento evolutivo

E’ a tutt’oggi un evento unico. Un vero e proprio esperimento teatrale e  musicale
Di quando in quando tornerà in scena, trasformato, aprendosi anche a nuovi attori e nuovi musicisti, evolvendo e contaminando.

Autore: Emanuele M. Landi

…Non aveva certo intenzione di dividere i suoi giorni, così intensi, con quella figlia avuta quasi per caso. Era stato inevitabile fare quella scelta a meno di un anno dalla nascita di Arianna, non era possibile per Mattia e Sarah vivere assieme dopo quell’evento, due caratteri così diversi, capaci di sfidarsi in continuazione nella vita e sulla scena, due attori affermati, non è inusuale nel mondo del teatro che si elabori una tale sorta di antagonismo.

La nascita di quella figlia aveva turbato parecchio Mattia, essere padre innanzitutto significava adempiere dei precisi doveri, soggiacere ad orari.

«Non potevi prendere delle precauzioni» aveva detto a Sarah solo un attimo dopo che lei aveva annunciato di essere incinta. Si era beccato un sonoro: «Sei proprio uno Stronzo» con quanto fiato la donna aveva in corpo.

Va detto ad onor del vero che Mattia Brandani era tutto fuorché un egoista o uno “stronzo” con le donne, quella battuta infelice era dettata solo dal terrore di sentirsi intrappolato da quella sua improvvisa paternità e a questo bisogna aggiungere che quando la piccola nacque ne fu immediatamente conquistato e subito la immaginò diventare una grandissima attrice, ma nonostante questo non avrebbe cambiato una virgola del suo modo di vivere dominato dalla sua indole libertaria.

La sua compagna attrice di fama come il compagno alla nascita di quella sua creatura si trasformò di colpo in mamma a tempo pieno, lasciò il teatro in secondo piano trascurò vieppiù la sua carriera, disse, poi, molto chiaramente a Mattia che anche lui doveva adeguarsi a quella nuova condizione, dedicandosi più all’insegnamento piuttosto che a quelle lunghissime turne a cui era abituato.

Sarah Spencer, andò su tutte le furie, quando lui disse che non avrebbe rinunciato a nulla della sua vita né per lei ne tantomeno per la piccola. In un attimo entrambi capirono che  non c’era più nulla che li tenesse assieme nemmeno la piccola Arianna. Sarah partì per Londra con la figlia.

Negli anni seguenti Mattia continuò la sua esperienza artistica fatta di sperimentazioni e continue elaborazioni, cambiando continuamente attori, musicisti e soprattutto attrici per i suoi spettacoli, gli amici i suoi attori, i musicisti e le innumerevoli compagne non ricordano in quegli anni, il ben che minimo riferimento o ricordo di Sarah o della figlia, ogni tanto spariva, tra una turne e l’altra, tutti sapevano che si recava a Londra, ma guai a chiederglielo, non solo avrebbe negato, sarebbe andato su tutte le furie, col tempo poi quei viaggi si diradarono.

In quel fermento culturale che furono gli anni 60, Mattia era sicuramente al di fuori degli schemi stereotipati delle trasgressione, come religione e al tempo stesso bestia nera del teatro e della società borghese; i sacerdoti della inosservanza fatta di sostanze e di arrovello esistenziale, tra fiumi di alcol e sostanze d’ogni genere, non riuscivano comprendere come  il nostro potesse essere così geniale e vieppiù creativo non utilizzando alcuna sostanza ed essendo al contrario assolutamente parco nel cibo  perfino vegetariano, non astemio certo, ma capace di apprezzare il vino da autentico conoscitore e non certo quegli ignobili e disgustosi superalcolici, come li definiva. Ma ciò che non  comprendevano soprattutto era la sua vitalità in scena, mai stanco, capace d’improvvisare come pochi e poi quella resistenza che non tradiva mai stanchezza. Gli intellettuali di regime lo odiavano per la sua instancabile provocazione verso quel loro mondo stereotipato, la loro rabbia poi dilagava essendo consapevoli che nulla avevano in mano per denigrarlo, non un vizio o un passo falso da utilizzare.

Era capace di turne mirabolanti portando in giro fino a cinque o sei spettacoli contemporaneamente, girando il paese e anche all’estero per sette, otto mesi, come le vecchie compagnie di giro, erano presentati monologhi, piece con più attori, recital di poesia ed esperimenti con musicisti in scena dove il recitativo diventava musica amoreggiando con il suono elaborando con questi, contaminazioni tra le più ardite tra rock, jazz, blues, classica e mille altri stimoli. Ogni sua stagione andava oltre il tutto esaurito e le repliche non si contavano.

Erano passati circa diciotto anni dal ritorno di Sarah nella sua Londra con la piccola Arianna, quando arrivò da quella città una lettera dell’antica compagnia, che annunciava che la loro figlia ormai adolescente – erano quasi cinque anni che Mattia non si recava a Londra –  risoluta a fare l’attrice aveva espresso il desiderio di conoscere a fondo il padre, avendo seguito il suo percorso artistico quasi maniacalmente.

“Mattia,
scriverti mi è difficile ora che di te ho ricordi lontani e a volte stemperati nel tempo, non lo avrei fatto se non fosse che Arianna non riesce più sopportare la tua assenza sei per lei una presenza costante anche se da te sottratta alla vista, ti assomiglia in tante cose, da te ha preso una risoluta testardaggine e come te vive ogni momento come atto teatrale, tra presenza e dissimulazione, ha iniziato vari corsi di recitazione, ma il più delle volte si è fatta cacciare e nemmeno da me ha accettato la disciplina dello studio, odia al pari tuo ogni costrizione, parla in continuazione di te e sarebbe disposta a qualsiasi sacrificio o rinuncia per stare con te, per parte mia posso assicurarti  che ha una talento naturale assoluto.
Per parecchio tempo non ho sopportato questo suo carattere, ti rivedevo e rivivevo tutte le sue intemperanze e mi apparivi tu, la tua furia tra nichilismo e iconoclastia, capace di deliri tali da far saltare i nervi a chiunque, sono un’attrice, formalmente e disperatamente convenzionale/confusionale mi hai sempre detto, non dimenticherò mai quando mi dicesti che senza te avrei potuto al massimo insegnare o affidarmi ad un regista-padrone conformandomi ad ogni personaggio dimenticando persino il mio nome. La tua assoluta lontananza dalla rigorosa costruzione del personaggio ha costellato il nostro gioco tra vita e scena, sì Mattia è vero devo darti ragione in questi anni gli spettacoli che ho fatto erano per parte mia l’assoluta sudditanza a questo o quel regista di fama o meno, ma nell’affidarmi a loro completamente, risentivo le tue parole «Registucoli, impiegati del catasto, gabellieri, guardiani di bordello ecco cosa sono, questi vati del perfezionismo attoriale  istituzionale»
Molte volte ho pensato di tornare, ma so perfettamente che nulla ormai possiamo fare assieme si è rotto il sodalizio, non riuscirei a riprendere con quei deliri a cui ti sottoponi, né con le tue frequentazioni. Non ho mai capito come potevi incontrare, anche assiduamente, altri attori che a differenza di te, si facevano succhiare dalle più svariate sostanze, grandi a dire il vero, geniali in taluni casi, ma da te superbamente disprezzati e loro, a loro volta, disperatamente sprezzanti nei tuoi confronti eppure tutti lì a giocare un infinito gioco degli equivoci, ti ho spesso odiato per questo, ma ora Mattia sono convinta che avete molte cose in comune, loro la disperante ricerca di un oblio a cui il loro genio seppur reale, per essere tale si aggrappa, tu geniale per sottrazione, sono più che mai convinta, ora, che la tua non sia sobrietà, bensì tossicodipendenza dal non uso, non è un paradosso, la tua non dipendenza da sostanze consente alla tua mente lo spaziare in luoghi e territori ad altri preclusi, poiché la tua lucidità diventa delirio e quando il delirio è alimentato da una vivida lucidità non ha più confini ed ogni cosa pensata espande a dismisura. La tua è allora trasgressione pura, poiché non soggiacendo a nessuno stereotipo non sei prigioniero di sostanze prodotte e di/ridistribuite dal potere, la tua ricerca spirituale come chiami tu il tuo modo di essere, diventa allora, anarchia pura, ma spesso anche tu ti perdi nel delirio autocompiacente e forse è per questo che riesci a continuare a giocare con loro. Così se le nostre strade si sono per sempre separate, ora nostra figlia vuole te, suo padre. Partirà la prossima settimana, lascia ti prego le chiavi del tuo appartamento alla portinaia, come vedi non ti chiedo se sei d’accordo perché  Arianna non sentirebbe ragioni, né tanto meno può aspettare, mi asterrò dal dirti di seguirla, è indipendente, ma ha pur sempre diciotto anni, mi fermo qui non temere ti sento già darmi della borghese iperprotettiva. Ti manderò un telegramma per dirti il giorno preciso del suo arrivo.
Vorrei dirti mille altre cose, lascio al tempo la scelta se avremo modo di dirci altro o di rivederci.
Ciao Sarah”

Sono gli anni settanta, anni turbinosi, leggeri, irriverenti, passionali, ma anche duri e a volte cupi. Ora Mattia si ritrova con una figlia diciottenne, che non conosce e che per di più vuole diventare attrice.

Mattia:
Sei riuscita a fartele dare? Ti ha fatto il terzo grado eh?

Arianna:
Sì mi ha chiesto da dove vengo, quanti anni ho, se mi fermo molto e da quanto ti conosco, quando le ho risposto che sei mio padre è andata via brontolando  “Figuriamoci, la figlia. Sono quarant’anni che faccio la portinaia, non so se mi spiego, io le persone le sento a naso. Sempre più giovani… tze ci mancava anche la scusa della figlia, tze»

Mattia:
Non ci pensare domani sistemo tutto, certe persone non si fanno mai, ma mai i…

Arianna:
Ah! Sì

Mattia:
Il viaggio tutto bene? Ti trattieni  molto? E dimmi che progetti hai?

Arianna:
Beh sai dopo il college ho pensato di prendermi un anno per riflettere sul da farsi.
A Londra, ho frequentato un corso di teatro. Mi è piaciuto sai, anche se dopo un po’ mi rompeva la pedanteria degli insegnati. Pensavo però spesso  che solo con  te potevo  approfondirlo.

Mattia:
Immagino che sia stato un corso scolastico

Arianna:
Sì… però su testi di Shakespeare. Poi pensavo di girare un po’, mamma mi ha parlato tanto dell’Italia e poi, se non sbaglio, ci sono nata.

Mattia:
Ah! Bene. Ma non hai fame?. Andiamo fuori, c’è un posto dove si mangia bene e stasera suonano certi amic… i Loro

Mattia continuava a rimuginare sulla presenza improvvisa nella sua vita di quella figlia che quasi non conosceva, la lettera di Sarah era stata chiara, la ragazza aveva il fuoco sacro dell’arte, facile a dirsi si ripeteva, a prima vista era una ragazzina, parecchio alta per la sua età, con una minigonna indossata su improbabili collant vagamente tartan, tanto trendy, un magliocino nero a collo alto e due stivali quasi al ginocchio, monili in pura plastica e a fianco un borsone enorme coloratissimo. Uno sguardo intenso e due occhi grandi e chiari che spiccavano sullo scuro dei capelli nerissimi e molto corti e poi quella carnagione chiarissima come la madre. Parlava con lei sempre sovrapensiero, non ascoltava quello che lei raccontava in pieno delirio adrenalinico, capì solo che voleva che suo padre desse ragione alla sua fame artistica. Durante il pranzo ogni suo pensiero era abortito al solo affacciarsi, avrebbe voluto essere da tutt’altra parte, si chiese più volte cosa provava per quella figlia arrivata come un fulmine nella sua vita, soprattutto però si chiedeva perché non avesse detto di no, che era meglio che quella ragazzina fosse rimasta con la madre. Sentiva però crescere dentro, la voglia di giocare. Vediamo, pensava, se davvero c’è del buono, ricordò che in un tempo ormai lontanissimo aveva ipotizzato che quella bambina potesse un giorno giocare con la genialità, che sfida poteva essere.

Finito di mangiare si recarono al Travel, un locale dove si esibivano i musicisti che spesso lo accompagnavano in turne ed eravamo proprio alla vigilia di una nuova partenza.

Nell’intervallo Mattia andò sul palco il batterista chiese interrogativo

Batterista:
Allora a che punto sono i testi? Domani abbiamo le prove e poi la famosa attrice l’hai trovata? Lo sai che il tour sta per cominciare.

Mattia:
Ci sto lavorando… ma a proposito… Arianna vieni.

Batterista:
Carina! Chi è? La tua nuova…

Mattia:
Ragazza? Sei il secondo oggi. Volevi un’attrice, eccola. Ragazzi vi presento Arianna… mia figlia

Batterista:
Quella Arianna?… ma l’ultima volta che siamo andati a Londra non era più alta di un soldo di cacio… e ora attrice.

Mattia:
Proprio lei. Ha studiato Shakespeare, sapete

Arianna:
Ma non so… farfugliò.

Mattia:
Non mi hai detto tu che sei venuta in Italia per girare, pensare al tuo futuro e conoscere il teatro? E’ un’occasione, prendila al volo

Beatrice capì in quel momento che il rapporto con il padre non sarebbe stato per nulla facile aveva lanciato una sfida che significava, vediamo cosa sai fare, prova a conquistarmi. Era risoluta quanto lui sapeva mettere tutta se stessa in un’impresa, non era di fronte a quegli insegnati retorici e bacchettoni che aveva frequentato a Londra in quei suoi tentativi di avvicinamento alla recitazione. Considerava il padre un genio e voleva conquistarlo, capiva che in quell’inizio di rapporto Mattia non era affatto a suo agio sapeva anche che avrebbe alzato sempre più l’asticella ad ogni ostacolo, ogni volta avesse raggiunto il traguardo che poneva per lei. Sono pronta pensò tra sé e comprese subito che non sarebbe stata per nulla facile.

Uscirono dal locale dopo aver preso accordi con i musicisti andarono all’atelier che fungeva da studio, sala prove, magazzino e garage. Un caos coloratissimo la investì fatto di casse, vestiti e oggetti tra i più svariati, in un angolo un palcoscenico con cavi amplificatori, paraventi e fari colorati a profusione, poi dietro ad una parete scorrevole che il padre aprì c’era un coloratissimo furgone.

Mattia:
Andremo in giro, con questo

Arianna:
Wow… sarà un turbinoso tour in torpedone.

Poi uscirono camminarono a lungo per la città, ne aveva bisogno

Mattia:
Ti è piaciuto il giro in città? Altro che Londra così gotica, grigia…

Arianna:
Tutto è davvero così luminoso. Mi aspetto una meraviglia ad ogni angolo… Sai cosa mi ha colpito di più?  I manifesti e le scritte sui muri… e poi gli slogan urlati nella manifestazione, quella che abbiamo incrociato, mi hanno fatto venire in mente che al college io, Marta e altre  compagne volevamo mettere in scena  “Lisistrata”

Mattia:
Ah! Conosci Aristofane? Pensavo avessi studiato solo letteratura inglese e Shakespeare, e come pensavate di fare?  Immagino la solita interpretazione per scandalizzare, così per divertirvi eh? Magari alle spalle dei professori.

Arianna:
Sì, in effetti, l’obiettivo era scandalizzarli, tanto con il college avevamo finito, un ultimo scherzo per lasciare un ricordo di noi.

Mattia:
Forse è il caso che tu lo rilegga quel testo… con un po’ più di attenzione.

Solo una settimana dopo partirono in turne. Iniziarono per Beatrice giorni intensi, durante la prima fase della stagione, il padre utilizzando i testi che portava in scena la formava aprendo le porte alla sua brama artistica, si sentiva plasmare, dapprima il rigore di Mattia la irrigidiva, poi capì che doveva abbandonarsi e a sua volta costruire sul sentiero tracciato, lo aveva previsto ad ogni traguardo raggiunto il suo maestro proponeva un’altra sfida. C’erano sere che si sentiva inondata da un delirio tale per cui non c’erano altro che lei e il padre, nulla né stanza né circostante erano percettibili, ed era quelli i momenti in cui capiva che penetrava in quella sorta di situazione dove la parola e il gesto varcano le barriere del conosciuto e capiva sera dopo sera, al raggiungere di quegli stadi, cosa intendeva Mattia quando parlava del non luogo dove è situato il teatrare.

Durante tutto il primo mese della turne, comprese quanto giusta, fosse stata la scelta di stare con il padre, lo conosceva sempre più proprio in quelle lezioni che la spossavano profondamente a dire il vero, a volte a tal punto che temeva che il giorno dopo non sarebbe riuscita a seguire una sola parola, invece ogni sera dopo lo spettacolo si scopriva più forte, tanto da vincere ogni stanchezza ed ogni ritrosia.

Ogni sera poi Mattia voleva che assistesse allo spettacolo, le aveva detto di seguire con molta attenzione, ma meglio ancora di penetrare l’evento dimenticando ogni altra sollecitazione in sala. Una notte dopo una di quelle loro lezioni, già coricata da qualche ora si rizzò di scatto a sedere sul letto, dapprima  ansimando, poi distendendo lentamente il torace, fissando la parete di fronte, recitò ad alta voce tutti i brani e tutte le parti degli spettacoli che la compagnia portava in giro quell’anno ben cinque, finito si distese con un lungo espirare, scese lentamente e appena sdraiata si addormentò.

Mattia:
Allora Arianna stasera farai queste parti

Arianna:
Stasera Mattia? Non so se sono pronta

Mattia:
Scusa non ho tempo, sai già tutto, d’altra parte, tieniti pronta

Arianna:
Aspetta… aspetta… io…

Mattia:
Dopo, dopo me lo dici dopo, preparati ora

Mancava un’ora all’alzarsi del sipario e inatteso Mattia aveva dato alla figlia le parti che avrebbero costituito il suo debutto in scena, si sentì mancare, il padre non aveva ascoltato le sue titubanze, doveva essere pronta.

Chiuse gli occhi, sentì il cuore che batteva perfino nelle punte dei piedi, perfino nelle gengive, rimase impietrita alcuni secondi, poi fece un sobbalzo, qualcuno le aveva toccato una spalla, si girò e incontrò lo sguardo calmo della costumista che la invitava a seguirla per provare e scegliere i vestiti di scena.

Provò i vestiti e insieme li scelsero, era talmente tesa che Nadia, le fece un massaggio alle spalle, più si rilassava, più si sentiva mancare, si voltò di scatto e abbraccio la donna e si sciolse in pianto convulso.

Nadia:
Ragazzina, non ti farai prendere dalla paura, tuo padre non te lo…

Beatrice si levò e pose la mano sulle labbra della donna.

Arianna:
Non dire nulla ti prego… tra le lacrime

Nadia le asciugò il viso lo prese tra le sue mani, la baciò sulla fronte e le sussurrò ad un orecchio.

Nadia:
Tranquilla piccola, non pensare a nulla, andrà tutto bene.

La ragazza si sedette fissando la sua immagine nello specchio del camerino iniziò a truccarsi, passarono veloci tutte le immagini degli spettacoli a cui aveva assistito dall’inizio di quel viaggio, rivide le infinite sedute col padre, a sequenze velocissime lo vide nelle sue pose plastiche e vide in primo piano quei suoi occhi magnetici e penetranti. Finito di truccarsi abbandonando le braccia sulle gambe, continuò a fissarsi sullo specchio, l’orologio posto a fianco dello specchio diceva che mancavano meno di venti minuti all’entrata in scena, non si scompose, rimase in quella posizione fino al “chi è di scena”, allora si alzò si diresse verso le quinte e al momento preciso entrò e come se lo avesse fatto da una vita sostenne la sua parte mirabilmente tanto da ricevere una bordata di applausi a scena aperta.

A spettacolo finito non percepì un filo di stanchezza, dopo una decina circa di chiamate, quando il sipario si chiuse definitivamente andando verso i camerini incontrò lo sguardo del padre e vide quel leggero sorriso sulle sue labbra, allora corse verso di lui lo investì abbracciandolo con tutta la forza che aveva, Mattia a sua volta la strinse forte, era la prima volta che padre e figlia si abbracciavano, era felice anche per questo, forse soprattutto per questo.

Arianna:
Grazie, grazie

Mattia, baciandola dolcemente sulla fronte,:
Molto bene, davvero, non montarti la testa però, c’è ancora tanto da fare

La ragazza pensò che era proprio il solito, ma era felice, si staccò e ravviandosi i capelli con le mani verso la nuca  si sentì rilassata.

Mattia:
Va a struccarti, andiamo a mangiare, ci  stanno aspettando

E’ proprio il solito pensò Arianna, si proprio il solito scorbutico.

Dopo la cena e tanti complimenti degli attori, musicisti e tecnici, tornata in albergo cadde stremata e vestita sul letto, l’ultima immagine prima di prendere sonno fu quel lieve sorriso del padre dopo la chiusura del sipario.

Si svegliò attorno all’una, fu un risveglio graduale che le consentì di assaporare ancora tutte le immagini degli avvenimenti della sera prima, quella del suo debutto, era riuscita a realizzare il suo sogno e aveva  vinto la prima sfida propostale dal padre, la prima certo, non si sarebbe fermata più, come non si sarebbe mai più tornato quello stato d’animo che l’aveva sopraffatta prima dell’entrata in scena. Doveva comunicare subito a qualcuno tutte quelle sue sensazioni e doveva farlo prima di studiare Lisistrata era quella l’altra sfida propostale da Mattia, dovresti leggerlo un po’ più di attenzione quel testo, aveva detto il che significava studiarlo perché poi lo proviamo assieme. Pensò di scrivere subito a Marta l’amica del cuore al college, prese la carta da lettere e iniziò.

“Carissima Marta,
eccomi di nuovo a te, come ti avevo promesso. Sai la novità? Mattia… mio padre, mi ha letteralmente spinto sul palcoscenico. Una sfida e io l’ho accettata. Non è stato facile; quando mi sono trovata lì, davanti al pubblico è andata, non so nemmeno io come, ora, so che sera dopo sera, mi sentirò più sicura, se penso che solo in attimo prima di entrare in scena ero impietrita. Con un torpedone coloratissimo, stiamo girando in lungo e in largo questo paese mettendo in scena vari spettacoli.  Qui tutto è pervaso di politica, dalla colazione la mattina fino a sera in osteria. Difficile da comprendere eh? Da noi è tutto così privato.
Ti ricordi che volevamo mettere in scena “Lisistrata”? Mattia mi ha consigliato di rileggerla ed effettivamente, eravamo rimaste solo alla superficie. Noi pensavamo che fosse poco più di una commedia “sexy”. Ti ricordi la prima scena quando Lisistrata incontra Cleonice  e poi Mirrina e Lampitò, quando lei affranta cerca una soluzione perché i mariti la piantino con l’eterna guerra tra Sparta ed Atene. Noi ridavamo alle loro battute salaci, quando Lisistrata cerca di convincere le altre, un po’ restie all’inizio, di iniziare lo sciopero del sesso. Poi quel loro giuramento che ci sembrava da vero antro delle streghe.
In realtà, sai Marta, è la presa di coscienza del proprio essere donne che le porta a sacrificarsi affinché la stoltezza della guerra e della violenza abbia a finire. Lo fanno con l’unica arma che hanno, rifiutarsi agli uomini .Sai…”

Continua…