Quella sera ho incontrato Re Orso

Quella sera ho incontrato Re Orso

a cura di Brunella

scudo Re OrsoEntri nella sala del teatro. Luci soffuse, visi sorridenti, platea di sedie calda e ospitale. Però quasi subito guardi verso il palco. Sullo schermo ti fissa spaventoso un drago… Cos’è? Un serpente? Un sauro? Un mostro marino? Ha uno sguardo che gela il sangue, e una fila di denti aguzzi protesi verso di te. Un po’ inquieto ti siedi e attendi l’inizio della rappresentazione. Cerchi di non incrociare più quegli occhi minacciosi, ma ormai ti sono entrati nella testa e il cuore batte forte. Si spengono le luci e sobbalzi, perché ora rimane illuminato solo lui, il mostro sullo schermo, più vivo e pulsante che mai, tutto il resto è buio. Non puoi più evitarlo e guardare altrove, ti ci devi abbandonare, entrare nelle sue fauci e seguirlo dove lui ti conduce.
Re Orso, il mostro, il tiranno, il monarca assoluto e orrendo che dispensa morte a suo unico ed esclusivo piacimento. Ecco di chi è quell’orripilante volto animalesco. Lo comprendi sempre più man mano che il Narratore evoca le sue tremende gesta, incomprensibili tanto sono crudeli.
Le immagini animate che ora occupano lo schermo, per quanto coloratissime e disegnate con tratto fantasioso, non ti tranquillizzano; anzi, aumentano il senso di estraniamento che provi, perché è come se vedessi un cartoon dell’orrore, con castelli paurosi in paesaggi notturni, cavalieri che con noncuranza decapitano le cortigiane, vermi che fuoriescono dalle cavità orbitali di innumerevoli teschi. Queste visioni si accavallano allo sguardo diabolico e divoratore già stampato nella tua memoria, che ha già creato in te un’atmosfera di tempesta imminente.
All’inizio non ti è facile capire ciò che le parole del Narratore descrivono. Sono parole antiche, suoni desueti, strani abbinamenti di fonemi e vocaboli che non appartengono al nostro moderno e comune sentire. Ma quel senso di terrore, disagio, tensione e sconcerto creato dalle immagini è amplificato da questi ritmi e queste rime, e dalle cantilene delle tre Donne che accompagnano il Narratore come un coro greco ma, ancor di più, simili alle tre spose luciferine del vampiro stokeriano. A loro, in scena, si aggiungono il Re in persona, il giullare Papiol e il cuoco di corte Troll, tutti parlanti questa lingua strana, seppur italiana; una lingua quasi pittorica, altamente musicale, evocativa di paesaggi cupi, tenebrosi, desolati, terribili.
Stai assistendo alla storia di Re Orso, tiranno di Creta in un’epoca fantastica dai tratti medievali, sovrano pazzo ed ebbro del suo potere, creatore di un regime d’indescrivibile e sfrenata violenza. Mentre ti abitui alla strana poesia dei virtuosismi linguistici della narrazione, mentre segui concitato e impaurito gli sviluppi della grottesca ottusità e spietatezza del Tiranno, inizi a chiederti se tutto quest’orrore avrà mai fine, se il Re sanguinario e assassino crollerà dal suo trono. Negli atti finali di quest’originalissima fiaba gotica, se hai pazienza di aspettare e fegato per giungerci, sarà soddisfatta la tua curiosità.
Qui, nelle ultime scene, pur senza abbandonare l’atmosfera di tenebra che pervade tutta intera questa esperienza teatrale, il testo e gli attori fanno emergere tutta l’ironia che il destino, spesso beffardo, riserva a chi si è preso troppo sul serio nella propria vita. Si dispiega davanti ai tuoi occhi e alle tue orecchie uno straordinario contrappasso per l’oscuro, spaventoso Signore: lui, che in vita temette più d’ogni altra cosa un minuscolo verme nascosto nella mela che avrebbe dovuto mangiare, ormai cadavere viene consumato da un vermetto che ha caparbiamente percorso mari, monti, valli e fiumi per poter raggiungere il mausoleo di oro e cristallo del Sovrano, entrarci attraverso un forellino e divorarsi calmo e indisturbato i suoi resti mortali. Cancellando così Re Orso dal mondo e dalla pubblica memoria.
«Re Orso ti schermi dal morso dei vermi» cantano in litania le tre draculesche fanciulle. Ma ormai il Re non si può più schermare, giustizia è fatta, con un sorriso amaro. Sullo schermo sta ancora strisciando un bruco blu, sullo sfondo di vallate e pianure, un insetto piuttosto orrendo poiché dotato di volto di teschio, ma che ti ha saputo riportare quel respiro e quella distensione che da un po’ ti mancavano.
Mentre lui striscia si riaccendono le luci. Sei ancora scosso, un po’ inquieto, ma i contorni della sala e degli altri spettatori ora si fanno nitidi ai tuoi occhi. L’ambiente ritorna ad essere caldo e ospitale come quando sei entrato. Ora riesci a sorridere, finalmente, e applaudi energico, soddisfatto per ciò che hai visto, udito, vissuto. BRAVI, BRAVI!!! E tu, Re Orso, tiranno schifoso, ora sei inerme. Grazie ad un piccolo verme.