Fu la bomba alla stazione di Bologna…

Fu la bomba alla stazione di Bologna…

Autore: Emanuele Landi

Sambuca la rocca particolareFu la bomba alla stazione di Bologna con i suoi 85 morti a dargli la sveglia, mi disse.
Iniziò così una maniacale ricostruzione di quegli anni vissuti così freneticamente, tre mesi di totale immersione per avere alfine la certezza di come un’intera generazione fosse caduta in una trappola ben congeniata, che ogni azione ed ogni reazione erano tesi ad alimentare l’antagonismo per poi eliminarlo, e, per fare questo, occorreva dar spazio e corda ad ogni velleità libertaria e rivoluzionaria dandoci l’illusione che fosse possibile fare e dire tutto. Disse che ormai gli era chiaro che la trasgressione che avevamo praticato, fino a convincerci che si potesse cambiare davvero, altro non era che l’anticamera di quella restaurazione che, di fatto, tutti avevano subito e che la frustrazione seguita era parte integrante di quella trappola, davvero ben congeniata da esperti conoscitori dell’animo umano. Fummo di fatto complici inconsapevoli di oscure manovre ordite da partiti, servizi segreti, massoneria, vertici vaticani.
La bramosia di potere e il delirio di dominio totale proseguì, accomunando anche gli opposti, spesso tali solo a parole. Il culmine delle loro trame fu la spartizione del bottino rappresentato dal dominio delle menti. Disse poi che tutte le sue ricerche le aveva consegnate a pagine e pagine d’appunti, con tutti i riferimenti storici e temporali e che me li avrebbe dati, non solo per mettermi a parte compiutamente delle sue conclusioni, ma perché convinto che ne avrei fatto un buon uso.

«Non credere che io sia all’oscuro di molte cose che mi hai raccontato, non sono arrivato a farne una ricostruzione così particolareggiata, come hai fatto tu, ma questo non mi fa di me un ingenuo, perdonami se come hai detto anche le gerarchie ecclesiastiche sono coinvolte per quale ragione ti sei fatto sacerdote?»

«Vedi Giacomo una volta terminata la febbre datami dalla ricerca, ho avuto la sensazione di aver esaurito ogni forza, ogni volontà di vivere e la voglia di impegnarmi in qualsiasi cosa, avevo una laurea in filosofia, avrei potuto insegnare. E cosa? E come?
Ho pensato allora di dar corpo al mio vecchio progetto e partire per l’amata India e così far perdere le mie tracce, ma sarebbe stata l’ennesima illusione. Ho sempre avuto propensione alle cose dello spirito, così a poco a poco è maturata questa mia decisione ed è avvenuto di pari passo al mio desiderio di occultarmi, e dove lo avrei realizzato meglio se non nelle pieghe di questo mondo, dove non visto e non considerato avrei potuto essere vicino alle cose dello spirito e contemporaneamente lontano dai giochi, dai compromessi e dal dover fingere.
Quassù, credimi, non sono nessuno e nessuno pensa a me. La Pieve è stata senza parroco per decenni, non si sono lasciati scappare uno tanto matto disposto a starci volontariamente, Roma è lontana, Giacomo; ogni giorno che passa si dimenticano un po’ di più di me, ed io posso, in questo silenzio, cercare me stesso».

In fin dei conti avevamo iniziato qualcosa che pareva quasi un ritorno alle nostre discussioni di solo pochi anni prima.
Il mattino mi alzavo alle quattro e passeggiavo tra i boschi di castagno, poi, dopo un buon caffè, lasciavo Marco alle sue faccende di prete. A volte leggevo e prendevo appunti su qualche manoscritto, verso le otto, poi, facevamo colazione assieme con il latte della mucca di Nerina e il pane del forno a legna di Tonio. Marco mangiava pochissimo, forse gli bastava, come diceva sempre lui.
Finita la colazione si parlava e a volte riuscivamo a ridere di gusto, come un tempo.

«Tu poni la tua scelta all’interno di una visione catastrofica, in questi giorni ho meditato su quello che sto facendo io. Sono editore di libri per bambini e quindi ho delle precise responsabilità, qualsiasi cosa pubblichi può avere ripercussioni sulla formazione dei miei giovani lettori, in questi giorni ho avvertito forte questa responsabilità che, a dire il vero, avevo sottovalutato.»

«Credo che per strade diverse stiamo andando nella stessa direzione, tu non puoi vivere senza avere attorno tante persone, fare mille cose, creare eventi, ma ti conosco bene, mai e poi mai accetteresti un qualsiasi compromesso, ogni cosa che pubblichi è il frutto di un’attenta riflessione. Per me è diverso, lo sai, sono sempre stato un solitario, eravamo allora entrambi coinvolti, ma per questo non sentirti complice. Anni fa lo eravamo a causa della nostra bramosia di sfida, vivevamo in pratica in funzione del potere, ma, del tutto inconsapevolmente, eravamo l’alibi del potere e delle sue rappresaglie, pur avendo ragioni da vendere, su ogni nostra rivendicazione. Forse il vero problema sta nella scelta dell’interlocutore, rivendicare diritti ed avere come controparte un governo reazionario, seppur fautore di una presunta democrazia, di fatto lo legittima. Cosa fare allora per non incappare nella collateralità? Forse chiudere porte e finestre alla partecipazione pubblica, abbassando i propri bisogni al mero essenziale, uscendo, di fatto, dalla logica consumistica, che ormai domina la vita di tutti. Imparare allora a scegliere in ogni occasione, capire che ogni gesto, ogni azione, ogni acquisto se fatto consapevolmente può fare la differenza. Rifiutare l’etichetta di consumatori, non accettando di fatto che la società sia basata sul consumo e l’acquisto il più delle volte di beni inutili. Ricordi eravamo innanzitutto anticapitalisti, ma per esserlo veramente non si può vivere,accettando le sue regole, giocando la sua partita truccata.
Arrivo a dire che il solo concetto di società capitalistica è la negazione del messaggio evangelico».

I giorni passavano e Marco acquistava la gioia di comunicare, capii che la sua non era stata una fuga, ma una scelta di vita. Riusciva a dare il conforto di sacerdote ai pochi abitanti del borgo e ai villeggianti d’estate e tutto questo gli era di gran sollievo. Viveva di poco e gustava appieno la tranquillità del luogo, come diceva lui, fuori del mondo.

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