Parlando con Marguerite

Parlando con Marguerite

riflessioni su “Ad occhi aperti” di Marguerite Yourcenar

a cura di Persio

YourcenarNon saprei definire questa pubblicazione, la scrittrice risponde a domande di Matthieu Galey critico letterario e teatrale francese che l’ha raggiunta a Mount Desert la sua dimora americana, al largo delle coste del Maine
La lunga conversazione con Galey ci svela una particolarissima figura di studiosa, meglio dire sperimentatrice, la cui caratteristica peculiare è l’elaborazione che arriva a dar vita ai suoi scritti attraverso un’infinità di fasi lunghe anche anni, mai fini a se stesse, capaci invece di proporre al lettore, a lavoro terminato, un vero e proprio caleidoscopio di sensazioni, in grado di aprire e stimolare a loro volta ad altre innumerevoli riflessioni. Sono i numerosi viaggi e la sua capacità di porsi nei confronti delle altre culture, con profonda umiltà, che ne fanno una personalità assolutamente unica.
Ama in particolare il mondo Ellenico e conosce perfettamente il greco antico; si potrebbe paragonare ad un archeologo, che anziché manufatti cerca con pazienza certosina tutte le manifestazioni culturali e filosofiche attraverso gli innumerevoli strati della cultura, è prioritario per lei capire ed al contempo essere pienamente soddisfatta non solo del risultato, ma anche del percorso.
Matthieu Galey da prova della sua abilità, ma soprattutto di gran curiosità nel porre domande che aprono ad argomenti sempre nuovi, consentendo, e dal testo traspare, alla scrittrice un resoconto fluido e ricco di particolari su ogni suo scritto dandole modo di aprirsi ed enunciare i suoi innumerevoli interessi nel campo della filosofia, della storia e della conservazione dell’ambiente, parlando infine con grande franchezza delle sue convinzioni su politica e rapporti umani.
Tra le tante opere da lei pubblicate, fanno da filo conduttore a questa conversazione lunga un libro, le due più conosciute, Memorie di Adriano e l’Opera in Nero.
Memorie d’Adriano è l’opera più pubblicata e più letta, quella che fa comprendere compiutamente il cammino che la scrittrice compie per giungere alla stesura finale di un testo letterario. Il viaggio verso l’elaborato finale parte nel 1948 quando sistemando tante cose accumulate negli anni, da un baule balza fuori una vecchia copia del manoscritto, sono passati sei sette anni la guerra è finita, ha soggiornato vario tempo a New York, ed è già approdata a Mount Desert. E’ stato un colpo di fulmine, dice la scrittrice, parte allora un lavoro accurato di rielaborazione, la pubblicazione avverrà nel 1951.
Vi si definisce la figura di un uomo, l’imperatore Adriano che ha come riferimento la cultura Ellenica, anzi se ne sente parte, è capace però di anticipare in un certo qual modo il nuovo, curioso delle tradizioni dei barbari, spesso è sospeso tra filosofia e negromanzia. E’ lungimirante ed ottimo amministratore, profondo conoscitore d’arte e architettura, viaggiatore instancabile ed è suo costume verificare di persona, fatti e situazioni, non ama molto la vita di corte, ma è l’Imperatore.
Spesso si abbandona ad eccessi tipici di chi ha nelle proprie mani un Potere immenso e non potrebbe essere altrimenti. La Yourcenar lo fa parlare in prima persona e gli conferisce il compito di aprirsi ai posteri. Lo coglie sessantaduenne nel momento in cui avverte che l’esperienza terrena è giunta in prossimità dell’ultimo viaggio e da qui è l’Uomo che racconta di sé e della sua vita, il risultato è un’opera profondissima, che mette in luce il protagonista e al contempo la grande maestria della scrittrice.
L’Uomo Adriano, ancorché imperatore è solo una persona che desidera amare ed essere amata e quel suo amore per il giovane Antinoo, ci appare in tutta la sua umanità, svelando anche quante debolezze ed incertezze egli racchiuda in sé.
L’opera in nero è il romanzo entro il quale si muove Zenone che è alchimista e medico, ma anche filosofo e mago, conoscitore della Cabala e della tradizione Ermetica, anch’esso viaggiatore instancabile, partendo dalla città natale di Bruges attraversa tutta l’Europa affrontando rischiosi spostamenti in quei tempi segnati dalla Controriforma. E’ capace di trarre insegnamento dagli alchimisti medioevali e aprirsi al mondo moderno traendo ispirazione da Paracelo piuttosto che da Michele Servito e ancor di più Tommaso Campanella, opera oscura perché è l’oscurità che caratterizza quel periodo.
Zenone sarà prima in prigione e poi suicida.
Ancora una volta la scrittrice sollecitata da Galey tratteggia vari passaggi delle sue opre per giungere a chiudere questa coinvolgente chiacchierata argomentando su vita e morte ed anche questa volta attraverso il viaggio, anche se solo intellettuale, tra filosofi e filosofie tra oriente e occidente.
«Per conto mio, credo che mi augurerei di morire in piena lucidità, con un processo degenerativo così lento da lasciare che in qualche modo la mia morte entri in me, e di avere il tempo di lasciarla manifestarsi interamente.»

Così alla fine del libro si esprime la Yourcenar e poi alla domanda di Galey sul perché di questa sua propensione verso la morte risponde:
«Per non lasciarmi sfuggire l’ultima esperienza, il passaggio estremo. Adriano parla di morire ad occhi aperti. Ed è con questo spirito che ho fatto vivere a Zenone la sua morte»

Un’opera, questa che consente da un lato di penetrare nell’universo intellettuale di una grande figura del novecento e che al contempo ad ogni pagina apre al desiderio di leggere ogni cosa da lei scritta, così come è successo a me.
Vorrei terminare questa mia riflessione ringraziando chi mi ha consigliato questa lettura, e ora so che quanto prima sarò chiamato ad assistere ad un’opera teatrale tratta da Marguerite Yourcenar, ed ho anche la certezza di aver individuato da quale suo elaborato, ma lascerò intatta tutta la sorpresa, sperando che quella prima a teatro sia davvero imminente.

Marguerite Yourcenar

Matthieu Galey