Nunca Mas

Nunca Mas

da Piazza Medaglie d’Oro a Plaza de Mayo
storie di chi non dimentica

ellas danzan solasAutore: Andrea Quercioli

«E se quest’anno prendessi la bandiera?» – penso guardando l’arrotolato tessuto verde con il logo FNA e la scritta Federazione Nazionale Assicuratori che riposa in un armadio dell’ufficio.
Mi balocco un po’ con l’idea, in fondo quest’anno nel trentennale della Strage della Stazione di Bologna, la mia organizzazione ha aderito ufficialmente, ma… c’è un ma lungo trent’anni.
Non sempre sono andato alla celebrazione, perché per me è una cosa personale prima che politica. Nella mia memoria soggettiva, il 2 agosto 1980 rappresentò qualcosa di simile alla fine dell’innocenza. Come potevi sperare di rendere il mondo un po’ meno ingiusto quando in giro c’erano degli esseri inumani che facevano cose simili?
Una questione personale quindi, tanto che, tutte le volte che ci sono andato, da solo o in compagnia, ho atteso il minuto di silenzio e poi me ne sono andato, avendo deciso da tempo che i discorsi del politico di turno non valevano nemmeno un mio fischio.
Anche dopo trent’anni, la motivazione principale e personale per esserci è soprattutto il pensiero che qualcuno mi ha fatto paura. Non a caso iniziai ad essere in Piazza Medaglie d’Oro il2 agosto dal 1993, pochi giorni dopo che erano scoppiate le bombe mafiose a Milano e a Roma precedute da quelle di Firenze. Qualcuno o qualcosa cercava di farmi paura, e ci riusciva talmente bene da spingermi ad usare i pochi strumenti che potevo avere per affrontarla, perché era una paura talmente fottuta da non sopportarla.
Il terrorismo stragista (da Piazza Fontana in poi passando per piazza della Loggia, Italicus, ecc) ha sempre colpito nell’ombra dando un messaggio molto chiaro: a chiunque può capitare.
Non esistono colpevoli od innocenti ma solo vittime.
Trent’anni dopo, Giuseppe è di fianco a me e mi racconta della casualità che non ha voluto che i suoi cari o addirittura lui, fossero tra quegli 85 morti e gli oltre 200 feriti. Casualità che invece ha colpito la pensionata calabrese, lo studente giapponese, l’operaio o l’impiegato andati a prendere qualcuno o in transito o chissà…
Quest’anno, alla manifestazione, ci sono delle persone che sfilano silenziosi con un cartello al collo che porta scritto un nome ed una età. Sono i nomi delle 85 vittime di una casualità bastarda ed un progetto feroce ed inumano.
Anni fa, a Buenos Aires, ci fu un allestimento sui desaparecidos, quelle persone che furono prese dal 1976 al 1982 dai militari argentini e fatti sparire nel nulla. Era una mostra composta da foto con i volti degli scomparsi. Avete presente quelle foto tessera che abbiamo sulla carta d’identità e in cui cerchiamo di sorridere o di avere un espressione vagamente intelligente? Proprio quelle a cui però, ogni tanto, veniva alternato uno specchio ad altezza volto, e il visitatore vedeva il proprio viso insieme a quello di circa 30.000 persone (non oggetti, persone) arrestate, torturate ed uccise, buttate in buona parte nell’Oceano da un elicottero o un aereo.
A chiunque poteva capitare in quel periodo in Argentina. Bastava rivendicare un diritto (come i ragazzi adolescenti che cercavano di organizzare un gruppo di studenti per avere tesserini degli autobus com’è documentato nel film “La notte delle matite spezzate” di Hector Olivera) o essere nel posto sbagliato al momento sbagliato, magari solo a prendere un caffè da un vicino sospettato di sovversione.
Questa è la strategia del terrore sia che siano bombe in mezzo alla gente sia che siano arresti e dolore e sparizione sistematica.
Tanto funzionò la strategia dei militari argentini che i desaparecidos morirono più volte.
Una fisicamente, due senza dare il conforto di un corpo sui cui piangere, tre condannando all’isolamento la famiglia circondata da un muro di paura e di diffidenza da parte degli “altri”, coloro non furono colpiti dalla casualità del terrore e che pensavano: se li avevano presi qualcosa dovevano pure aver fatto.
La forza morale che può avere una madre che gira in tondo a Plaza de Mayo ogni martedì che dio manda in terra, con il capo coperto da un fazzoletto bianco, una foto del figlio scomparso nella mano, sotto le manganellate e gli insulti della policia, per chiedere giustizia; l’amore delle nonne, le abuelas de Plaza de Mayo, alla ricerca organizzata degli oltre 500 nipoti partoriti in carcere e dati in adozione spesso agli aguzzini dei figli, hanno fatto sperare che al terrore, all’orrore , ci sia una cura, una resistenza.
Tutto ciò in Argentina non sarebbe mai stato possibile se non ci fossero state grosse complicità a livello internazionale tanto che fino alla guerra delle Malvinas o Falkland che dir si voglia, il dramma argentino rimase ben chiuso nei suoi confini. Giusto qualche squarcio dovuto ai tantissimi esiliati, un paio di interventi del Presidente Pertini, un gesto coraggioso degli olandesi, che ai Mondiali del 1978 semifinalisti contro i padroni di casa argentini, si rifiutarono di stringere le mani insanguinate delle autorità militari.
In quel Mondiale, la Nazionale Italiana di Bearzot perse per 2 a 1 la finale per il 3° posto con il Brasile, ma meglio andrà ai tanti imprenditori italiani che fecero affari con la Giunta militare, come il Gruppo Rizzoli che in quegli anni ebbe la concessione dell’intero mercato editoriale argentino.
Forse qualcuno che sta leggendo ricorderà il volto barbuto e un po’ spaesato di Angelo Rizzoli, finito in bancarotta e travolto dalla sua appartenenza alla Loggia massonica P2 così come il suo AD dell’ epoca, Tassan Din e tanti suoi giornalisti.
Quella loggia segreta che annoverava tra i suoi componenti anche l’ammiraglio Massera, membro della triade militare che governava l’argentina dell’epoca. Quel Massera che dopo il golpe militare in una lettera a Licio Gelli scriveva “… la mia sincera allegria per come tutto si fosse sviluppato secondo i piani prestabiliti e auguro un governo forte e fermo sulle sue posizioni e nei suoi propositi che sappia soffocare l’insurrezione dei dilaganti movimenti di ispirazione marxista.”
Proprio quel Licio Gelli lì che nel 1974 procurò l’aereo che riportò Peron in Argentina (con un certo Stefano Delle Chiaie, inquisito per la strage della bomba di Piazza Fontana come body guard), quel Licio Gelli condannato a 10 anni per calunnia aggravata dalla finalità di terrorismo per aver tentato di depistare le indagini sulla strage alla Stazione di Bologna.
Quel Licio Gelli e la sua loggia massonica P2 che aveva tra i suoi iscritti anche il capogruppo del partito attualmente al Governo (tessera 2232 sottoscritta il 12/12/1980, esattamente 11 anni dopo la Strage di Piazza Fontana) nonché l’attuale Presidente del Governo in questione allora imprenditore rampante (tessera 1816 sottoscritta il 26/1/78).
Quel Governo che, 30 anni dopo la più grande carneficina di civili dovuta ad un ordigno esplosivo in tempi di pace, decide di non mandare alcun suo rappresentante alla celebrazione.
Tanto sarebbero stati fischiati dice qualche suo lacchè.
Come sono stati fischiati , aggiungo io, tutti i rappresentanti di tutti i governi che si sono presentati in quella Piazza, indelebilmente sporca di sangue innocente, a dire le loro parole incongrue a vittime e loro familiari, che attendono ancora, dopo anni, i risarcimenti dovuti, che “promettono”, da trent’anni, l’imminente abolizione .del Segreto di Stato, facendo finalmente completa giustizia sul 2 Agosto, su Ustica (81 morti) e tanto altro.
Hanno fatto bene a non presentarsi quest’anno, perché il 2 Agosto è una storia nostra.
Della Società Civile.

Danzan con los muertos
Los que yá no están
Amores invisibles
No dejan de danzar

(Ellas Danzan solas – Sting)