Giuliana Berengan

Giuliana Berengan 

Giuliana Bèrengan

Giuliana Bèrengan

Conservare la memoria, la tradizione delle parole, la loro ritualità e fisicità, riportarle ad una visione musicale, empatica, renderle rappresentabili, raccontarle con la scrittura e con la voce attraverso l’oralità e l’auralità: è così che esprime la sua arte una word emotioning performer come amo definirmi per sottolineare il mio desiderio di tornare alla parola come messaggera del cuore.
Sono una classicista, i miei ascendenti sono nel greco antico, nella narrazione mandata a memoria dall’aedo alla quale mi ispiro nelle mie drammaturgie.

Come verbonauta salvatrice di parole ne vado alla ricerca, le raccolgo e me ne prendo cura quando le trovo ferite, abbandonate, cadute nell’oblio. Parole sperdute nell’incessante rumore, parole di lingue che a breve non saranno più parlate, parole ingannate e costrette a dire altro, a tradire la propria intima etimologia.

Dirle, scriverle, appoggiarle su carte d’ogni genere, tradurle, tramandarle, è tornare al rispetto delle parole, ad una sorta di rito propiziatorio per far sì che il loro spirito non ci abbandoni nel silenzio afasico della comunicazione impossibile.

Inciderle su tavole con la stessa tecnica usata per la “scrittura” delle icone a sottolinearne la sacralità. Parole capaci di assumere un proprio velo di eternità, parole che proteggono, che guariscono.

Le parole richiedono devozione: solo così saranno disponibili a darci altre parole, a suggerirci rimandi e catene di significati, ed è per questo che le raccolgo, come fiori ed erbe rare, in preziosi verbari, che, come gli erbari d’un tempo, racchiudono esemplari di parole giustapposte secondo un tema, secondo una forma o in altre fantasiose vesti esteticamente ammalianti. Tutto per allungare loro la vita.

Per questo ho ideato Save the Words , la Campagna Internazionale in Difesa delle Parole, che ha preso le mosse dal mio primo libro Favolose Parole, oltre duemila vocaboli la cui storia è narrata in forma di breve ed accattivante racconto. Al libro si sono poi affiancati i Book-notes ovvero quaderni-libro salva-parola, le cartoline parlanti per far viaggiare le parole, le t-shirt per leggersi le parole addosso.

Ma lo strumento principale per salvare la vita delle parole è il verbodramma, un termine che ho creato per indicare le azioni concertate di parole nelle quali queste antiche madri si presentano sulla scena e trovano nella voce e nell’emozione che sanno suscitare un veicolo per continuare a vivere.

E’ la parola la protagonista del verbodramma, una parola che si fa ascoltare come una melodia, guardare, ammirare, conoscere in tutta la sua bellezza, la sua energia vitale, la sua musicalità e pregnanza: parole che accarezzano l’anima.
Parole che appartengono alle Donne che danno i nomi alle cose, parole creatrici che vestono di forme emozionanti la potenza del Femminino.

Parole in ogni forma, parole come depositi di memorie e saperi, creature dotate di corpo, di voce, di sentimenti, parole per incontrare e condividere la lingua del cuore.

Sono i consessi e gli ambiti più disparati quelli nei quali i verbodrammi possono essere interpretati: ciò che occorre è un uditorio che voglia lasciarsi guidare nei luoghi in cui furono assegnati i nomi alle cose, per visitare i Musei segreti che custodiscono oggetti appartenenti alla lingua della nostalgia, per ritrovare il piacere di giocare con l’illusionismo della fantasia.

Queste azioni verbali si avvalgono della mia lunga esperienza nel teatro di ricerca laddove la fisicità, la gestualità danno corpo alla parola, le permettono di farsi memoria emotiva;  la parola è elevata a strumento di sacralità, a sonorità che cura attraverso lo studio dell’antico canto indiano nato nelle Corti Medioevali indostane e tramandato fino ai giorni nostri dai Maestri spirituali, e grazie anche alla pratica del canto armonico che è parola guaritrice, voce terapeutica nonché del canto corale.

Dal canto delle Cortigiane dell’India ho appreso il valore della parola come tramite per il contatto con il divino, come esperienza del sublime nell’armonia tra corpo e spirito.

E poi c’è la mia frequentazione delle sonorità taumaturgiche del Buddhismo Lamaista e la pratica Zen del Koto Dama, l’incontro con la parola medianica attraverso le antiche culture dell’Oriente, dell’Africa, del Sudamerica nel corso dei miei viaggi di formazione e scoperta delle radici.
Dalla lunga pratica delle Arti Marziali con particolare attenzione all’Aikido che ho studiato con il Sensei Carmelo Stroscio ho appreso le antiche tecniche del respiro e della concentrazione, nonché il profondo rapporto tra forza ed energia.

Sotto la guida di Doju Dinajara Freire ho studiato e pratico la Danza Madre in un percorso di ricerca che va alla riscoperta del Femminile Ancestrale e delle antichissime radici del Sacro femminile.

Dal mese di Dicembre del 2014 scrivo come Autrice sul Wall Street International  Magazine

Alcuni titoli di miei verbodrammi:
Parole addio, Itaca, Arat delle montagne, Oggetti d’Amore, Gioia Tormento ed Estasi,
La Señora delle Spezie, Parole Antenate, La Cucina delle Donne, Azetario floreale, Notturna Aurora, Bei fior d’Amore, Per antiche Dee, Canto di nascita, Ad antica Madre, Verbario d’Autunno

Tra le mie pubblicazioni:
Cronache inedite di fine secolo (1993), I Monumenti del cuore (1997), Le Dame della Corte Estense (1998), Le Custodi del Sacro (1999), I Book Notes (2000), Book Notes di Bologna (2001), Favolosa zucca (2004), Le parole di Penelope (2004), Favolose Parole (1993) (2005), La Cucina delle Donne (2006), Favolosi Cappelli (2007), Favolosi Anni Ottanta Ferrara Fabbrica di Idee (2009)